martedì 15 maggio 2012
Intervista allo Stilista Franco Ciambella
1 – Franco Ciambella. Stilista… da sempre? La tua creatività rivolta alla moda l’hai scoperta fin da bambino oppure volevi pare altro?
“La moda è sempre stato tutto per me, è una summa di quello che volevo e voglio tutt’ora esprimere e poi non dimentichiamo che sono cresciuto tra tessuti colorati, pizzi francesi e abiti
cuciti a mano grazie alla sartoria di mia madre e mia zia. Ricordo perfettamente l’amore e la dedizione che mettevano nel confezionare abiti. Non c’era orario. Una dedizione che superava anche la fatica. Sfogliandole le sognanti riviste di moda che circolavano tra rocchetti di filo e forbici, mi si aprivano mondi fatti di bellezza. Figure che diventavano un po’ farfalle ai
miei occhi di bambino.”
2 – Raccontaci i primi momenti dopo avere fatto lo IED di Roma…
“Sono passato da un’azienda familiare dove tutto si svolgeva in casa, a contesti decisamente più
organizzati. Insomma era iniziata la mia gavetta professionale all’interno dei
più importanti atelier dell’alta moda italiana: Gattinoni, Capucci, Sarli e Lancetti.
Sono stati anni fondamentali per me, in cui sono cresciuto come uomo e come
professionista. Avere la possibilità di apprendere da maestri di quel calibro,
non è cosa di tutti i giorni.”
3 – Oggi, a distanza di 20 anni dal tuo esordio come vedi il mondo della moda in Italia?
“Io credo che la moda e il “Made in Italy” possano fare ancora molto perché noi italiani abbiamo tutte le qualità per affermare un nostro modo di essere, trasferendo nei prodotti che
creiamo anche un certo saper vivere. Nostra è la creatività e il saper fare.
Allora se riuscissimo attraverso un’organizzazione del sistema moda ad esprimere la nostra creatività facendo in modo che i nostri prodotti possano essere acquistati dagli altri mercati in modo meno “faticoso”, un rilancio lo potremmo avere. E’ pur vero che quando si acquista un capo di alto artigianato come il mio, un certo prezzo è giustificato, tuttavia anche io oggi faccio i
conti con quello che è il potere d’acquisto del mercato italiano e internazionale.
Secondo me il Sistema Moda Italia dovrebbe investire maggiormente sulla creatività dando maggiori contenuti e valore etico alle proposte.”
4 – Nel 1994 presenti la tua prima collezione haute couture sulle passerelle di Roma Alta Moda. In quanto tempo ti sei preparato per questo grande momento e come lavoravi dietro le
quinte con le modelle prima delle uscite?
“La prima collezione presentata nel luglio del 1994 è stata una delle esperienze più importanti della mia vita. Sfilai nel cuore della Couture capitolina presso lo storico atelier di
“Albertina” a Trinità dei Monti sostenuto dal mio mentore Chino Bert. Presentai
le mie creazioni color oro e avorio purissimo ispirate alla figura dell’Angelo
alla sola stampa di settore. Avevo solo sei modelle e tra loro una futura Miss Italia (Tanya Zamparo) che seguii personalmente durante i cambi e prima dell’uscita affinché fossero perfette. L’emozione che provai fu grandissima e le giornaliste che presenziarono furono tutte entusiaste del mio lavoro. Devo ammettere di essere stato amato fin da allora dalla stampa, che recensì la mia presentazione come una delle migliori di quella settimana dell’alta moda.”
5 – Nelle varie sfilate che hai fatto, anche a livello internazionale, cosa hai imparato e ricordi con piacere, cosa invece vorresti scordare…
“Ho dei ricordi bellissimi delle presentazioni all’estero. In Venezuela durante la “Caracas Fashion Week” sono stato invitato come guest italiano insieme a Renato Balestra e la stampa restò incantata dalla mia presentazione, tanto da dedicarmi l’intera pagina moda. In Lituania a “Mados Infecjia” ho tenuto una conferenza dedicata ai futuri stilisti prima della mia sfilata: sono
rimasto molto colpito dall’attenzione e dalla partecipazione che i ragazzi hanno posto nei miei confronti, la loro passione e vitalità per una materia così articolata. A Cattaro, in Montenegro, al termine della mia sfilata, un artista locale mi si presentò in lacrime per comunicarmi quante emozioni i miei abiti avevano suscitato nel suo animo sensibile. Nulla può ripagare esperienze
di questo tipo.”
6 – Se non facevi lo stilista, cosa avresti fatto nella vita?
“La mia passione per la moda è tale che proprio non credo avrei potuto fare altro nella vita”.
7 – Se tu fossi nato in un altro momento storico, quale sceglieresti?
“Forse un periodo storico al quale mi ispiro, sono gli anni Cinquanta. Certamente un decennio di cambiamenti importanti e di icone femminili di prima grandezza su tutte: Audrey Hepburn,
Marylin Monroe e Sophia Loren.”
8 – Hai un mito? Chi è?
“La Donna sinonimo di forza e fragilità allo stesso tempo. Lo sfaccettato universo
femminile ispira, infatti, la mia moda, universo per il quale manipolo e modulo
i tessuti che mutano da georgette a pelli morbidissime, da organze plissé a piume.
Proprio come la donna che, attraverso gli abiti, muta la sua figura, raccontando
la propria identità plurale di madre, moglie, amante e molto di più. La mia
moda è stata sempre ispirata da temi che riguardano la natura umana, mi piace
l’idea di raccontare la femminilità come espressione di romanticismo, fatta di
luci e ricca di ombre sono affascinato dall’idea del doppio che ognuno ha dentro di sé. Amo pensare a una donna che ci intenerisce col suo aspetto angelico e allo stesso tempo può farci impazzire, rivelando un lato più seducente e oscuro”.
9 – Che nei pensi dell’era digitale?
“Ritengo sia una grande
opportunità per tutti noi, il poter informarsi costantemente in maniera indipendente e immediata, essere connessi al mondo per mezzo del web, l’immediatezza
del mezzo e la forza che produce. Abbiamo indubbiamente infinite possibilità di
comunicazione, basti pensare ai social network e al web 2.0. Possiamo anche
dire che assistiamo ogni giorno alla semplificazione dei metodi conoscitivi, ma
bisogna prestare anche attenzione alla facilità della duplicazione della vita
in campo virtuale e, quindi, possibili problematiche legate alla perdita d'aderenza alla realtà.”
10 – Sei romantico?
“Si, recentemente una giornalista ha titolato “L’indomito sognatore” per definirmi e la cosa mi piace. Fin da bambino ho sempre avuto una folle voglia di sognare e tuttora non smetto di
essere un idealista che cerca di fare al meglio il proprio lavoro concretizzando i desideri di chi si rivolge a me.”
11 – Collezioni sposa… con tessuti leggeri e sovrapposti, materiali sperimentali… è facile vestire una sposa e quali sono le maggiori richieste che hai?
“L’unicità è senza dubbio la richiesta che accomuna chi si rivolge a me. L’abito deve essere della sposa, mai il mio. Le collezioni che disegno sono dimostrazioni del mio modo di
sentire, ma per me l’abito da sposa è un progetto che dura, che accompagna la
donna e non solo la sposa. Il vestito per il gran giorno è la meravigliosa estensione estetica di chi lo indossa, che non è mai una cliente, ma una persona. Le mie creazioni sono certamente romantiche e all’interno di esse convive il sogno, la parte onirica, con un pizzico di incubo. Perché per apprezzare la luce bisogna anche conoscere il buio.”
12 – La vita si sta allungando di molto. Chi sarà e cosa farà Franco Ciambella quando avrà 100 anni?
“Chi vivrà, vedrà o, per citare Battisti, lo scopriremo solo vivendo”.
13 – Un sogno nel cassetto…
“In realtà mi piacerebbe confermare il percorso fatto fino ad oggi ed essere riconosciuto per quello che ho sempre creduto, un mio desiderio è che sempre più persone conoscano lo
spirito e l’anima di Franco Ciambella.”
Grazie a Franco Ciambella, con un grande in bocca al lupo per tutto ciò che desidera.
Barbara Braghin
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